Quest’anno avrei voluto stilare una lista non gerarchica. 20 dischi senza ordine particolare, proprio come i 50 che faranno parte della consueta selezione di fine anno di SA. I propositi erano quelli e avrei voluto radicalizzare il tutto presentandola senza introduzione. Giusto i titoli perché le chiacchiere sulle classifiche, dopo così tante classifiche passate in rassegna, stanno a zero. Poi mi sono convinto altrimenti e ho optato per venti dischi ordinati con podio e tutto. Li ho selezionati secondo un mix di ragioni emotive e/o puramente di impatto sonoro, di ritmo, metrica e flow, dunque secondo eterogenee angolazioni e urgenze. E il tutto è venuto più facile immaginando quel che troverete alla fine: personali Award divisi per categorie, anche e soprattutto fantasiose, presentate così (e in rigoroso ordine sparso) al solo fine di metter in risalto particolari caratteristiche che di questi dischi mi hanno colpito dando viceversa a chi legge una suggestione per entrarci.
Poi, come sempre, quel che cerco di premiare in qualsiasi lista numerata o meno è quanto l’autore o l’autrice ci abbia messo del suo e, allo stesso tempo, quanto scarto abbia saputo imprimere tra sé e il genere/i con cui ha scelto di cimentarsi. In questo senso, il disco di Loraine James è uno di quelli che mi ha fatto esclamare finalmente! È musica figlia dei palazzoni che si vedono nella copertina del suo disco e, al tempo stesso, musica che esprime un percorso biografico particolare, o meglio, uno specifico sentimento che trova espressione e ragione d’essere all’interno di un surrounding altrettanto demarcato. Lo stesso discorso vale per Oli XL, con entrambe a possedere questo peculiare e magnetico fascino nel piegare a piacimento i bastioni del hardcore continuum.
D’altro canto, più che la magia è l’enigma a catturarmi, ovvero quel circoscritto spazio d’interrogativi che si crea tra ascolto e suono. In lista, Laurel Halo è la Regina in questo senso, Panda Bear il Re. Poi ci sono scelte in cui a prevalere sono state ragioni prettamente estetiche: Jenny Hval in primo luogo, These New Puritans subito dopo e naturalmente nel trittico non poteva mancare Apparat, il cugino mitteleuropeo di Thom Yorke, alla ricerca di una personale e chimerica Berlin Beauty. Mi fermo qui, il resto dei ragionamenti li trovate ai link, navigando tra le recensioni.
- Loraine James – For You and I
- Logos – Imperial Flood
- Ultramarine – Signals Into Space
- Jenny Hval – The Practice of Love
- slowthai – Nothing Great About Britain
- These New Puritans – Inside The Rose
- 808 State – Transmission Suite
- FKA Twigs – Magdalene
- Lee Gamble – Exhaust
- Oli XL – Rogue Intruder, Soul Enhancer Bloom
- Fennesz – Agora
- Laurel Halo – Dj Kicks
- Apparat – LP5
- Panda Bear – Buoys
- Aldous Harding – Designer
- Vampire Weekend – Father of the Bride
- Helado Negro – This Is How You Smile
- dTHEd – hyperbeatz vol. 1
- Freddie Gibbs, Madlib – Bandana
- Leif – Loom Dream
Best soul / r’n’b rising
Best rave’n’punk
Pelada – Movimiento Para Cambio
Best folk
Best Jam
Best jazz/dub house
Best songwriting
Bill Callahan –Shepherd In A Sheepskin Vest
Best pressure
Best (third) world (global) ghetto
Best ambient 5th worlds
Andrew Pekler – Sounds From Phantom Islands
Best art-Hip Hop
Best avant-Hip Hop
JPEGMAFIA – All My Heroes Are Cornballs
Best spoken word
Nick Cave & The Bad Seeds – Ghosteen
Kate Tempest – The Book Of Traps And Lessons
best 80s
best post-punk
Best (trap)emo
Wicca Phase Springs Eternal – Suffer On
Best (queer) country
Best rave nostalgia
Best forest techno
Best HD
Best noise sculpture
Best beat science
Basic Rhythm – On The Threshold
Best post-Pc Music pop
Better Pc Music weird trap
Best orgue à tuyaux mystique
Kali Malone – The Sacrificial Code
Boomer’s best soul