Occupandomi su SA soprattutto di musica hip hop (con tutte le dovute varianti del caso), ho preferito considerare solo quest’ambito per la mia personalissima classifica di fine anno. Ecco quindi un listone – non necessariamente ordinato – di tutti i dischi che quest’anno hanno lasciato qualcosa al giro.
Al primissimo posto – e non poteva essere altrimenti – c’è ovviamente Kendrick Lamar con DAMN: un lavoro che forse non sposterà gli equilibri tanto quanto fece a suo tempo TPAB e che probabilmente non porta qualcosa di realmente nuovo a livello di game changin’, ma che in sé conferma una volta di più – casomai ce ne fosse stato ancora bisogno – che i vertici raggiungibili da quest’uomo sono appannaggio suo e suo soltanto. Parlo di capacità di scrittura, di forza identitaria, di peculiarità di immaginario e anche di puro e semplice rapping. Non lasciatevi distrarre da qualche collaborazione alimentare rivedibile (Imagine Dragons, Robin Thicke, Maroon 5, Taylor Swift, ecc.) e dal fatto che anche sul suo disco ci sono un paio di feat. da punto interrogativo (Rihanna e U2): chi ha parlato di svolta commerciale non ha capito proprio nulla. Qui abbiamo semplicemente un artista che si è preso il suo trono con tutta la legittimità del caso, e ora può permettersi di fare letteralmente quel che gli pare. Tanto poi, quando è il momento di fare sul serio, non ce n’è più per nessuno.
Kendrick a parte, le cose forse più interessanti quest’anno sono arrivate ancora dal made in UK: l’educatissimo e raffinato esordio di Loyle Carner, tra tradizione e “confessional hip hop” e un ottimo Kojey Radical, oltre a un rinascimento grime che ancora non molla un centimetro, ma anzi continua a mettere carne al fuoco: tra ritorni (Wiley, Dizzee Rascal, Skepta), innovazione (Blay Vision, Mr Mitch) e punti della situazione (la compilation New Gen), il vertice qualitativo è stato soprattutto Stormzy, che ha mantenuto le promesse aprendosi al pop e all’r&b senza perdere in incisività.
Sul versante USA (aspettando il nuovo Eminem) abbiamo invece un paio di insperati colpi di coda da Snoop Dogg e soprattutto Jay-Z, e l’esplosione – non ancora definitiva, ma ci siamo quasi – del collettivo Brockhampton, da tenere attentamente monitorato e tra i preferiti di chi scrive. Solita certezza poi per Run the Jewels e Shabazz Palaces, entrambi non rivoluzionari quanto in passato ma sempre garanzia di impressionante solidità. Buoni anche i ritorni di due act leggendari come Wu-Tang Clan e Public Enemy, con due dischi non necessariamente memorabili ma che mostrano come le cricche di RZA e Chuck D siano invecchiate meglio della stragrande maggioranza dei colleghi. Finalmente è arrivato il disco di svolta per Tyler the Creator, che con Flower Boy firma il suo lavoro più a fuoco fino ad oggi.
Per quanto riguarda la trap, la sensazione è di essere arrivati al momento massimo di un’ipotetica gaussiana, e oltre a qualche album manifesto (Culture dei Migos, e il miglior Gucci Mane post-scarcerazione), il trend principale è stato anche qui quello dell’apertura al pop (spesso con ottimi risultati): Young Thug e Future (e anche il non troppo esaltante mixtape collaborativo tra i due), ma anche e soprattutto la definitiva esplosione di tutto il sottobosco di (Sound)cloud rap ed emo-rap: Yung Lean, XXXTENTACION, Lil Yachty, Lil Uzi Vert, and so on…
- Kendrick Lamar – DAMN
- Run the Jewels – RTJ3
- Loyle Carner – Yesterday’s Gone
- Vince Staples – Big Fish Theory
- Stormzy – Gang Signs & Prayer
- Tyler the Creator – Flower Boy
- Shabazz Palaces – Quazarz: Born on a Gangster Star & Quazarz vs the Jealous Machines
- Blay Vision – Turner Ave
- Wiley – Godfather
- Mr. Mitch – Devout
- Kaytranada & Buddy – Ocean & Montana EP
- A.A. V.V. – New Gen
- Young Thug – Beautiful Thugger Girls
- Dalek – Endangered Philosophies
- Brockhampton – Saturation I & II
- Jay-Z – 4:44
- Skepta – Vicious EP
- Kojey Radical – In Gods Body
- Dizzee Rascal – Raskit
- Future – Future & HNDRXX
- Snoop Dogg – Neva Left
- Wu-Tang Clan – The Saga Continues
- Public Enemy – Nothing Is Quick in the Desert
- Migos – Culture
- Young Lean – Stranger
- Chief Keef – Two Zero One Seven
- XXXTENTACION – 17
- London O’Connor – O∆
- Odissee – The Iceberg
- Freddie Gibbs – You Only Live Twice
- Gucci Mane – Mr. Davis
- Young Thug & Future – Super Slimey
- Princess Nokia – 1992 Deluxe
- Lil Yachty – Teenage Emotions
- Ty Dolla $ign – Beach Housde 3
In Italia Claver Gold si conferma uno dei talenti migliori che abbiamo, con un disco che alza ancora l’asticella rispetto al precedente Melograno. Benissimo anche Ernia con la riedizione aggiornata di Come Uccidere un Usignolo, Mecna con il suo Lungomare Paranoia – un album fondamentalmente di pop elettronico in cui Corrado continua a fare il suo e a farlo sempre meglio – e le auto-rivisitazioni pianistiche di Dargen D’Amico. Tra i lavori più personali e meno inquadrabili in mode e trend, segnalo la bella conferma post-OrchidDEE di Ghemon con Mezzanotte, un sempre divertente Millelemmi e l’ottimo esordio di Mudimbi (che trovate anche intervistato su queste pagine).
Due sono invece stati i trend principali nella scena: il proliferare del cosiddetto rap-indie-cantautorale (tag orripilante ma ci siamo capiti) con Willie Peyote, Frah Quintale, Dutch Nazari, ecc. (malino l’ultimo Coez), e la pop-izzazione della trap: di quest’ultima l’album più esemplificativo è l’esordio di Ghali, che per carità potrà anche non piacere (e ci sta) ma ha innegabilmente centrato il punto dimostrando di potercela fare anche prescindendo da mode e contingenze. In questa direzione – seppur ovviamente a modo suo – è andato anche Rkomi, mentre mi ha un po’ deluso Izi con Pizzicato, pur firmando con Charlie Charles un singolo (Rap) validissimo di puro e semplice boom-bap, e dimostrando di saper fare alla grande anche “quella cosa lì”. Aspettando Tedua (senza dubbi il mio preferito del giro) arriva ora anche il disco di The Night Skinny, che comprendendo varie ospitate di rilievo prova a fare un po’ il punto della situazione.
- Claver Gold – Requiem
- The Night Skinny – Pezzi
- Ernia – Come Uccidere un Usignolo/67
- Mecna – Lungomare Paranoia
- Dargen D’Amico – Variazioni
- Ghali – Album
- Millelemmi – Italodelicastrofunk
- Ghemon – Mezzanotte
- Willie Peyote – Sindrome di Touret
- Godblesscomputers – Solchi
Fuori dall’ambito hip hop, ho apprezzato soprattutto l’omonimo Arca cantato, l’ennesima svolta degli Ulver (questa volta su lidi synth-pop), la riflessione ritmica di Jlin, il centro pieno di Kelela che in un anno con meno quote rosa rispetto allo scorso firma quello che è sicuramente il disco pop dell’anno per quanto mi riguarda. In top 5 assoluta anche l’esordio di Clod (Iori’s Eyes) con il suo nuovo progetto Christaux: un pop barocco e quasi sacrale per il disco italiano più bello del 2017.
- Arca – Arca
- Ulver – The Assassination of Julius Cesar
- Jlin – Black Origami
- Kelela – Take Me Apart
- Christaux – Ecstasy
- Actress – AZD
- Dirty Projectors – Dirty Projectors
- GAS – NARKOPOP
- Clap! Clap! – A Thousand Skies
- Sampha- Process
- Thundercat – Drunk
- Ryuichi Sakamoto – async
- Johnny Jewel – Windswept
- Sir Was – Digging a Tunnel
- Grizzly Bear – Painted Ruins
- Mount Kimbie – Love What Survicves
- Cody Chesnutt – My Love Divine Degree
- Ibeyi – Ash
- Populous – Azulejos
- Toro y Moi – Boo Boo
- Peaking Lights – The Fifth State of Consciousness
- Nathan Fake – Providence
- Woods – Love Is Love
- Iglooghost – Neo Wax Bloom
- Not Waving – Populist EP
- King Krule – The Ooz
- Fine Before You Came – Il Numero Sette
- LCD Soundsystem – American Dream
- The National – Sleep Well Beast
- First Hate – A Prayer for the Unemployed
Per quanto concerne le classifiche personali dei collaboratori di SA finora pubblicate, trovate quelle di Tommaso Bonaiuti, Riccardo Zagaglia, Fernando Rennis, Elena Raugei e Luca Roncoroni. Tra quelle delle testate nazionali e internazionali invece: Rumore, Stereogum, Rough Trade, NME, Rolling Stone, Bleep.com, Consequence of Sound, Quietus e Pitchfork (videoclip)